In questa recensione, di “The Help”, si parlerà di un argomento delicato e che regna tutt’ora: il razzismo. Siate pronti a leggere e ad “ascoltare” con i sensi.
Il romanzo
“The Help” di Kathryn Stockett è un romanzo di Arnoldo Mondadori Editore, di 526 pagine. Questo libro è stato pubblicato nel 2009, è ambientato negli anni Sessanta e narra, a Jackson (Mississipi), le vicende di due domestiche di colore: Aibileen Clark e Minny Jackson. Queste ultime, dopo una serie infinita di eventi, che hanno fatto della loro vita un film, nel vero senso della parola, decidono di collaborare e fidarsi di una ragazza bianca di nome Eugenia Phelan, detta “Skeeter”, scrittrice in erba, che propone un romanzo, con le loro storie e di tutte le altre domestiche. Aibileen accetta quasi subito, Minny con un pò di titubanza si fa strada a fianco dell’amica, ma le altre sembrano non voler rischiare, finchè succede qualcosa che scuote ognuna di loro e le affaccia su una realtà tremenda: continuare ad avere paura e andare avanti di “Sissignora”, oppure raccontare e darsi una possibilità. Scelgono la seconda e si inerpicano, insieme a Skeeter, in una via a senso unico, senza possibilità di fare marcia indietro.
Non è una storia vera e i personaggi sono di fantasia, ma è basata su fatti realmente accaduti.
Dato l’argomento trattato, “The Help” prima di essere pubblicato venne rifiutato da cinque case editrici, ma quando venne pubblicato, divenne subito un best seller.
L’autrice: Kathryn Stockett
Kathryn Stockett è una scrittrice statunitense, nata e cresciuta, pensate un pò a Jackson, Mississipi, nel 1969, nello stesso luogo e nello stesso decennio del romanzo, difatti “The Help” si affianca molto alla sua vita e a quella dei suoi nonni (a fine libro vedrete di cosa sto parlando).
Ora vive ad Atlanta.
I personaggi
“The Help” ha tre voci principali, che la raccontano: quella di Aibileen Clark, domestica di colore che cambia famiglia bianca ogni qualvolta il bambino che cresce diventa adulto e in grado di capire i limiti imposti dalla società: il razzismo; Minny Jackson, seconda domestica di colore, che ha una lingua così presente, da non riuscire a tenerla a freno, e cambia famiglia ogni volta che questo succede, seppur dica la verità, per sfamare i suoi numerosi figli; e, infine, Eugenia Phelan, “Skeeter”, che decide di stare dalla parte giusta agendo, nonostante il pericolo che le sue “amiche” le si rivoltino contro, sempre ad un soffio da lei, ma mai abbastanza per importarle davvero, per fermarla dal suo intento: dar una voce a chi voce non ne aveva.
Poi ci sono quelli che, all’interno di una storia, vengono chiamati “antagonisti: le donne bianche, quelle che non sopportano nemmeno l’idea di condividere la stessa aria con una donna di colore, ad esempio Hilly Holbrook, che sarebbe colei che all’interno di “The Help” farà di tutto per ostacolare qualsiasi umanità le sia rimasta intorno, qualsiasi diritto sia per loro qualcosa che non andrebbe negato, anzi; Elizabeth Leefolt, che vorrebbe opporsi a Hilly, lo si capisce, ma ha troppa paura di farlo, così tanta paura di essere tagliata fuori da tutto, che decide per il silenzio, la sottomissione, l’ingiustizia, l’isolamento.
I personaggi sarebbero tanti, almeno quante sono le storie raccontate in “The Help”, quindi non vi resta che scoprirlo da voi!
The Help: la mia opinione
In “The Help” si tratta un tema molto spinoso, quindi spero di riuscire a farmi capire, andrò per gradi.
L’argomento che getta le basi di “The Help” è il razzismo: in realtà ci sarebbe davvero troppo da dire, partendo dal fatto che è la forma di ignoranza più completa, più totale, ma ne parleremo meglio quando riuscirò ad informarmi per intero, intanto vi faccio riflettere con una frase di George Fredrickson, in “Breve storia del razzismo”:
“Il razzismo è principalmente un prodotto dell’Occidente. La sua logica è stata pienamente sviluppata, scrupolosamente attuata e portata fino alle estreme conseguenze, proprio nel contesto che presupponeva l’uguaglianza tra gli uomini”.
Il razzismo (come il bullismo e così via) è il tumore del mondo, è quella cosa che fa male, che sconcerta, che distrugge e che fa pensare alla morte come a una salvezza, dopo tanta sofferenza, e sebbene la vita e la morte siano due facce d’una stessa medaglia, la prima non vorrebbe questo, non vorrebbe l’ignoranza.
Non posso dire quello che si deve o non si deve fare, ma se qualcuno mi dovesse leggere (e lo spero proprio) e non riuscite a capire ciò che sto cercando di farvi comprendere, prendete “The Help” e, leggendolo, domandatevi se vorreste mai sentirvi isolati, tagliati fuori, uccisi dal sibilo di un serpente che non vuole farsi sentire; domandatevi se vorreste mai non avere la possibilità di opporvi venendo, così, umiliati; se vorreste mai sentirvi seguiti, mentre tornate a casa a portare il pane in tavola alla vostra famiglia, chiedendovi se non sia, il caso di correre; domandatevi se vorreste mai, in una notte d’inverno, vedere la propria casa bruciata, vostro figlio ucciso, picchiato, sparito, per poi tornare a casa e sentire il figlio più piccolo chiedervi “Mio fratello dov’è?”, mentre piangete e vi tormentate per non aver dato di più; domandatevi voi, uomini, se vale la pena sprecare una vita nell’ignoranza di una menzogna che ripetete a voi stessi: “La razza deve rimanere pura. Loro sono malati, non possono stare in mezzo a noi”; domandatevi se vorreste mai tornare a casa da uomini o da codardi.
Avete idea di cosa voglia dire la paura, il terrore che venga presa proprio la vostra famiglia, e l’umiliazione di essere trattati come pezze da lavare per terra, solo perché avete il colore della pelle diverso, siete di origini diverse?
Fa paura. Fa paura. Fa paura.
Io non lo so, è vero, ma so cosa vuol dire essere emarginati, umiliati, derisi per dettagli che una società non ha mai ritenuto ideali.
Io non lo so, ma provo ad immaginarlo e non mi piace.
Mia mamma mi ha sempre ripetuto uno di quei detti che pensavo non sarebbe mai servito a niente, ma che poi ritornano sempre utili quando meno te lo aspetti: “Non fare agli altri ciò che non vuoi sia fatto a te”, ed io non ho mai sfogato la mia ignoranza sugli altri, nemmeno quando ero piccola, perché sapevo cosa voleva dire, però sono stata con chi, invece, veniva deriso come me: si chiamava Jotti, una ragazza di origini indiane, che ancora oggi, quando ci vediamo, non manchiamo mai di scambiarci un saluto.
Quindi chiedo un favore a tutti voi: da genitori, nonni o zii, educate i vostri figli, o nipoti, in modo che non perdano mai i propri valori, quelli davvero importanti, perché se non c’è una buona base, non ci sarà una casa, o un involucro sicuri, stabili, concreti e che rispecchiano ciò che sono; da figli o da nipoti, invece, teneteveli stretti, quei valori, che tutto si sgretola, cade a pezzi, tutto perde di forza e quando penserete di avere il mondo in tasca, in realtà sarà solo un sasso, che non riuscirete nemmeno a far strisciare sulla superficie dell’acqua.
Conclusioni
Cosa volete essere, quindi?
L’ignoranza, che crede di avere il mondo in tasca, oppure l’intelligenza, che sa che il mondo è troppo grande, troppo bello e troppo pieno, per stare in una tasca?
Tic tac, le lancette si fanno sempre più sottili e vanno sempre, aimé, più veloci.