Con “Le cattive” si entra in un in un mondo di cui nessuno parla: è ora di mostrarlo al cielo.
La trama: Le cattive
“Le cattive”, di Camila Sosa Villada, edito dalla Sur, è un romanzo con scene di vita vissuta realmente da parte della stessa.
Ne “Le cattive” Camila si affaccia al Parco Sarmiento per la prima volta a vent’anni e scopre cos’è la prosituzione, cosa sono le botte dei clienti, cos’è la droga, la disperazione, la povertà, ma anche cos’è l’amore, grazie a tutte le sue sorelle, grazie alla Zia Encarna, loro madrina, grazie a sè stessa, che da Cristian, ha scelto di amarsi e diventare Camila.
Questa è la storia di un viaggio attraverso Córdoba, ma anche attraverso il transgenderismo, gli stereotipi, i giudizi, la diversità, la solitudine, una società che non accetta, una famiglia che non accetta.
Questa è la storia di Camila, che lotta, anche quando ha finito le unghie per farlo.
Recensione: Le cattive
“Le cattive” è un colpo doloroso nel ventre, di quelli che sai che non se ne andranno più.
Finalmente un romanzo, con parti vere della stessa autrice, che parla di ciò che una ragazza transgender deve passare.
Avete mai visto una ragazza transgender fare la cameriera, la barista, la contabile?
Si pensa di avere libertà, invece non le hai, perché è un gioco con delle regole, senza jolly.
Così se sei una ragazza transgender andrai sicuramente a fare la puttana, prenderai sicuramente malattie di ogni tipo, ti ammazzeranno, ti picchieranno, vivrai in povertà.
Se tu ti ostini a lottare per ciò che sei, andrà così. Se tu ti amalgamerai a ciò che sono tutti, forse sopravviverai.
Camila non molla un solo secondo ciò che ha scoperto di essere, perché non sarebbe vita, anche se la vita che deve condurre è difficile.
Camila è una qualsiasi bambina, nata bambino, che deve fare i conti con una società che la rigetta, la emargina, la isola.
E adesso niente è cambiato.
“Le cattive” ha dei personaggi con una forza impressionante: da Camila stessa, che salva e lotta al tempo stesso, alla Zia Encarna, che protegge, crea una casa dalle mura rosa, dalle mura forti; da Maria la Muta, che non smette di sognare, a La Machi, che non smette di curare.
Ha uno stile di scrittura così marcato e presente, che è impossibile non distinguerlo in mezzo a mille. Ha una profondità così elevata, che non lascia spazio a dubbi o incertezze: si veste di libertà di espressione e di essere e gioca con esse, perché sue.
Anche solo la frase, all’interno de “Le cattive”, che dice: “Perché sappiano che valiamo più di quanto le loro menti eterosessuali possono immaginare”, è un urlo a tutta la società che si affanna contro di loro e contro le diversità che il mondo propone; è una frase forte, che cela striature di rabbia, nei confronti di coloro che le guardano con orrore.
“Le cattive” sono le trans che ogni notte affrontano ciò di cui nessuno, o in pochi, parlano.
“Le cattive” sono le trans che vedono gente che le schifa venire al Parco Sarmiento a cercarle.
“Le cattive” sono le trans che vorrebbero più voce, senza che questa venga levata via loro.
“Le cattive” sono le trans che sono stanche degli stereotipi, stanche dei giudizi, stanche di doversi rendere invisibili, stanche di non potersi godere un bagno al mare.
“Le cattive” siamo tutte noi e molto di più: cerchiamo la nostra voce. Insieme.
Conclusione
“Le cattive” lascia una ferita aperta, ma insegna. Insegna tutto.