Vi ricordate il “Piccolo principe“? Quel Principe che voleva proteggere la sua rosa a tutti i costi e che vide ben quarantré tramonti? In questa recensione troverete un ragazzo diverso, ma molto legato al protagonista di quel libro.
Il romanzo
“Il Piccolo Principe è morto” è stato scritto da Riccardo Lestini, della casa editrice “edizioni Fogliodivia”.
“Il Piccolo Principe è morto” narra di una storia sul confine tra ragione e sentimento: il protagonista, un ragazzo che sta per diplomarsi ed iscriversi all’università, si innamora di una ragazza, Riccioli Neri, che vedendolo tenero e ingenuo, dolce e spaesato, lo porterà alla conoscenza de “Il piccolo principe”, di Antoine de Saint-Exupéry, che porterà sempre con lui. Le relazioni, però, come tutte le cose, hanno una fine, e quando Riccioli Neri e Piccolo Principe si lasciano, quest’ultimo sente di aver perso ciò che di più bello credeva di avere, ed è così che la sua ingenuità e la sua visione distorta del mondo, lo porterà a morire dentro, in una condanna eterna, con la promessa cruda di un altro “schizzo”.
“Il Piccolo Principe è morto” si dirama in maniera decrescente, racchiudendo non solo tante storie possibilmente vere, ma anche qualcosa che realmente ci condiziona, nella vita: la visione del non avere altra scelta, altra strada, altra via di fuga.
“Il Piccolo Principe è morto” narra di tutti noi, in fondo.
Scrittura fluida e ben strutturata. Tema molto realistico e di impatto: vuole arrivare a far toccare, al lettore, il dolore e l’angoscia di una situazione in cui il coraggio, davanti ad una vita non sempre desiderata, viene a mancare. Ci vuole più coraggio a lasciarsi morire dentro, o a vivere sentendo tutto? L’unica cosa che non mi ha convinta (allarme spoiler) è stato il titolo rivelatore, che mi ha fatta arrivare alla fine con un sentimento di presagio.
In questo libro vengono fatti diverse citazioni e riferimenti a personaggi piuttosto noti, come vi dirà Riccardo Lestini alla fine del romanzo, tra cui James Joyce, Jim Morrison, per “Stoned and Immaculate”, Arthur Rimbaud, Cesare Pavese e così via. Credo che sia un bel modo di omaggiare quei personaggi famosi che ci hanno dato il tempo di capire chi siamo, in un certo qual modo. Così facendo gli doniamo la stessa cosa: il tempo, impressi per sempre tra le pagine di un libro. Quale modo migliore?
L’autore: Riccardo Lestini
Riccardo Lestini ho avuto modo di “conoscerlo” tramite Facebook: prima abbiamo chiacchierato e poi mi ha confessato di aver scritto dei libri, così ne volli sapere di più ed eccomi qua, a provare a recensire il suo romanzo.
Riccardo Lestini (Passignano sul Trasimeno, 1976) è uno scrittore, regista e insegnante. Vive da oltre vent’anni a Firenze e ha creato un blog, chiamato “Storie, Universi e R-Esistenze” (www.riccardolestini.it).
“Il Piccolo Principe è morto” è stato concepito nella hall di un ostello di Cork, in Irlanda, riuscendo a ultimarlo “solo” dieci anni dopo: mica male, come periodo di sviluppo.
I personaggi
Piccolo Principe, “che non scambierebbe mai un serpente che mangia un elefante per un cappello”, è un ragazzo con la paura di soffrire e di perdersi in un mondo non suo.
Piccolo Principe, fragile, con la sua zona sicura in un libro e in un quaderno a quadretti, annega in ciò che non riesce a vedere e non guarda oltre le spine, con una madre che non riesce ad essere “viva” anche per lui, e un padre sull’orlo dello schifo; con un fratello che lo ama come un figlio e una sorella che gli ricorda, ogni tanto, che quei quarantatré tramonti possono esistere davvero; e infine, con Riccioli Neri, grande amore appassito, e Gennaro, che per lui “salterebbe i fossi alla lunga”, come si dice qua. Insomma, una famiglia non completa, ma pur sempre una famiglia: purtroppo questo non basterà mai a comprimere e ad arginare ciò che Piccolo Principe sentiva.
Il piccolo principe è morto: la mia opinione
Il piccolo principe è morto: la mia opinione
Mi sono sentita avvolgere da qualcosa di impetuoso, leggendo “Il Piccolo Principe è morto”, e non era nella tipologia di scrittura (anche se quella a dire il vero ha aiutato) o nell’ambientazione, ma nel fatto che l’argomento trattato fosse molto più reale di quel che si vorrebbe ammettere: la droga come consigliera di vita, per ragazzi fragili, che hanno la capacità, purtroppo o per fortuna, di sentire e di vedere tutto.
Sapete cosa può essere, diventare, o fare, la fragilità, la solitudine, l’impotenza, l’inadeguatezza nel palmo di un essere umano?
Sapete quanto sia difficile, talvolta, uscire da un limbo personale anestetizzato, per tornare a vivere?
Sapete cosa possono fare la depressione e altri mostri silenziosi, che non si cibano di persone, bensì della loro anima?
E si ha paura, si ha paura di farci i conti, di vederla a figura intera, di non riuscirla ad accettare, così la si mette in un angolo, finché un giorno non sarà l’ombra stessa ad accantonare l’anima: “Ho una voragine dentro. Ogni tanto riesco a starle lontana quanto basta, per far si che non mi tiri giù, insieme a lei, e io, lì, senza un tornado che mi guarda dal basso, riesco finalmente a respirare, perché sento di essere riuscita a mutare la paura, in parole. A volte, però, è così violenta: sento l’aria che mi avvolge come fosse cellophane e un bisogno “malato” di vedere cosa c’è, più giù. Ecco, è lì che riesce a portarmi con sé, senza poter fare altro che aspettare di ritrovare il bordo, per aggrapparmici.
Lei non scompare, è sempre lì, ma ora sto scrivendo, quindi è lontana.
Chissà se un giorno anch’io sarò in grado di non vederla più, e di addormentarmi con una penna in mano e meno voragini nella testa.”
Conclusioni
Lo so che fa paura, ma bisogna affrontarla, la realtà, le debolezze, per riuscirle a domare.
Fatelo, domate la vostra ombra, in onore de “Il Piccolo Principe è morto”.