“La Casa delle Parole” ci porta in un posto immaginario, per riportarci, al tempo stesso, alla realtà.
La trama: La Casa delle Parole
“La Casa delle Parole” scritto da Cécile Coulon, edito da Keller Edizioni, sfocia in un Paese senza nome, in cui le persone vengono assuefatte da un’ora di lettura ad ogni Manifestazione, come se fosse una droga. Tutto questo viene portato avanti sotto la supervisione degli Agenti, tra cui anche 1075, il migliore tra molti. L’unica regola che devono rispettare gli Agenti è quella di essere e rimanere analfabeti.
Per 1075 non è una fatica, nato in una famiglia povera e analfabeta, finché un giorno viene morso da un molosso ed è costretto in ospedale. Ed è in questo ospedale che assisterà alla prima lezione di lettura e da quel giorno non sarà più lo stesso.
Recensione: La Casa delle Parole
“La Casa delle Parole” è un romanzo strano, ma neanche tanto.
Insomma, pensandoci bene, non è poi così strano: società malata, che gioca sul volerci tutti assuefatti e sottomessi, per un tornaconto economico.
No, non suona così strano.
Un libro, però, molto particolare.
Ha una scrittura precisa, dettagliata, ma mai sottintesa o banale: mi sembra quasi una danza, che Cécile Coulon fa, con le parole.
Una danza che, lo devo ammettere, mi ha ricordato un po’ Hunger Games, in qualche cosa.
Ecco, forse “La Casa delle Parole” lo avrei reso più lungo: un romanzo del genere andrebbe spiegato bene, fino in fondo, senza lasciare nulla ancorato al caso: l’ho trovato un po’ inconcludente, un po’ lasciato a metà, finito troppo presto. E l’ho trovato un peccato, perché la trama che tesse è davvero interessante e si sarebbero potuti trovare tantissimi canali di sfogo più ampi.
Attenzione, non che non ci siano stati: racconta esattamente ciò che siamo diventati noi con i telefoni, se ci pensate bene: emozioni istantanee, libero sfogo, sottomessi e assuefatti da queste tecnologie, con un tornaconto economico che parla di miliardi e miliardi di euro, ma senza fare troppo casino, che ci tengono d’occhio.
E, al medesimo tempo, potrebbe parlare del fatto che con un semplice libro, potremmo ribellarci in qualsiasi momento e fottere il potere.
I modi di interpretazione sono ampi.
Quindi capite che la trama de “La Casa delle Parole” è meravigliosa e i personaggi anche: questo 1075 che si sente libero da una vita piena di povertà appena entra a far parte di questo gruppo di Agenti, in cui deve sempre essere il migliore, ma a lungo andare sente la pesantezza di essere controllato a vista e di non essere poi così tanto libero e decide di non stare più alle regole. Un ribelle, un rivoluzionario, che rischia di essere cacciato, per provare le sue emozioni; Lucie Nox, l’ideatrice del progetto, che non aveva, però, queste intenzioni assurde di farne un tornaconto economico; il fratello di 1075 che gli chiede, prima di entrare, se non ha paura di perdere la libertà; i bambini e quella donna che cambieranno la sua vita.
Insomma, i personaggi sono forti, seppur troppo brevi, troppo frettolosi.
Non ci si stanca mai, però, di vedere la nostra società sotto diversi punti di vista, metafore, microscopi, vetrini. Per chi la vuole vedere, ovvio.
Conclusione
“La Casa delle Parole” riassume la società e il nostro sistema, che ci obbliga a teste chine e voci spezzate, ma che ci ricorda che possiamo sempre ribellarci.