Recensioni (a modo mio)

Mio fratello – Daniel Pennac

Mio fratello” rispecchia uno dei legami più profondi che possiamo avere nel corso della vita, e Daniel Pennac è riuscito, a modo suo, a descriverlo.

Il romanzo

Mio fratello” scritto da Daniel Pennac, della casa editrice Feltrinelli, è un romanzo in cui si narrano ricordi: ricordi di un fratello morto, di un male al petto ancora presente, dei momenti di assenza e dei fischi di presenza; ricordi dei biscotti Bartleby, allo zenzero, ma ricordi anche dello stesso Bartleby lo scrivano, di Melville, letto e recitato dallo stesso Daniel, perché il ricordo aveva bisogno della parola e la parola di ascolto. 

Questo è un romanzo dalla penna malinconica, con qualche rimpianto e qualche colpa, ma così tanto amore che probabilmente le parole non sono mai bastate a rappresentarlo, nonostante fu proprio Daniel a voler ricordare il fratello Bernard, tramite il personaggio di Bartleby, così tanto vicino a lui, eppure così lontani. 

Mio fratello” è lucido, sincero, senza filtri: Pennac, a modo suo, riesce ad arrivare alle corde giuste, facendoti amare qualcuno, con solo l’arte delle parole. 

L’autore: Daniel Pennac

Daniel Pennac (Casablanca, 1944) è uno scrittore francese, insegnante e autore di testi teatrali e monologhi, e sceneggiatore di fumetti. 

Pennac ha ricevuto il Premio Renaudot nel 2007, per “Diario di scuola”, la laurea ad honorem in Pedagogia, presso l’Università di Bologna, nel 2013, e il Premio Chiara alla Carriera nel 2015. 

I personaggi

Daniel Pennac, in “Mio fratello”, commemora tramite “Bartleby lo scrivano: una storia di Wall Street”, di Herman Melville (l’autore di Moby Dick, per intenderci), la morte di suo fratello Bernard, e questo, all’interno del libro, suscita in Daniel ricordi di momenti passati, di attimi sfuggiti alla mente, della sofferenza che sta provando e di quella che suo fratello Bernard non è più costretto a provare. 

Per tutta la lettura di “Mio fratello” si sente la mancanza di Bernard, da parte di Daniel, e il desiderio di tornare a sentire una delle sue battute o di vederlo tra la folla di un pubblico che non sa che in realtà, Bartleby, non è un personaggio qualunque, senza carne e senza corpo, ma è suo fratello. 

Mio fratello: la mia opinione

Per leggere “Mio fratello” si devono conoscere due cose (non che gli altri non possano leggerlo, ma semplicemente capiranno meno il sentimento): l’amore per un fratello e la morte per qualcuno di caro. 

Io, purtroppo e per fortuna, li posseggo entrambi. 

Analizziamo prima quel “per fortuna”: ho un fratello maggiore, di sette anni più grande di me, ebbene sì, e il nostro rapporto è sempre stato un po’ conflittuale, vuoi per vissuti diversi, vuoi per paure diverse. Questo, negli anni, non è mai stato curato, più per orgoglio che per altro, e ci ha portato a creare quel muro spesso e alto che ora ci fa sentire sempre un po’ in imbarazzo, quando siamo nella stessa stanza da soli. Beh, credeteci o no, ma nonostante la presenza di quel muro all’apparenza insormontabile, è la persona alla quale voglio più bene. 

Il 10 agosto del 2020 mio nonno morì, e al funerale, dopo anni passati a dichiararci guerra con la bocca e amore con gli occhi, mio fratello fece un gesto che mi fece sentire le lacrime un po’ meno pesanti: mi prese per mano, e mi fece capire che non aveva importanza la quantità esorbitante di screzi che avevamo avuto negli anni: lui era lì per me e io ero lì per lui. 

Il 10 agosto del 2020 mio nonno morì, e in questo breve lasso di tempo dalla sua morte, sono riuscita sia a vederlo, che a sentirlo, mentre chiamava mia nonna col nomignolo che solo lui usava. 

Mio nonno mi ha fatto capire tante cose e me ne ha insegnate altrettante (come mangiare il gelato da sotto, dalla punta del cono) e tra queste c’è la comprensione del rapporto tra fratello e sorella. 

Avere un fratello (o una sorella) comporta molto spesso il perdono di non aver detto, fatto o taciuto; avere un fratello comporta cercare di tenere un segreto che sai di non riuscire a tenere, oppure prendersi la colpa al posto dell’altro; avere un fratello comporta la paura della perdita o dell’abbandono e comporta voler scalare quel muro, anche se si ha paura di cadere; avere un fratello comporta un dare infinito, anche se non sei pronto, anche se sei orgoglioso, anche se una fine c’è sempre: tu continuerai a dare, anche dopo. 

Mio fratello” è stato scritto con la consapevolezza di sapere come sia avere un fratello: a volte duro, a volte stancante ed esasperante, a volte geloso e diverso, a volte silenzioso e a volte con mani tese, ma con un muro finito e un amore senza fine. 

Daniel Pennac, il bambino a sinistra, e suo fratello Bernard, a destra.

Conclusioni

Non abbiate paura di “Mio fratello”, o del vostro, e tendete sempre le mani.