Se siete arrivati su quest’altra pagina, significa che un po’ a me ci tenete e che non sto scrivendo a vuoto, anche se, in realtà, non lo faccio mai.
Vi avevo promesso spiegazioni su “Giorni feriali”, ma anche sul BDSM, un’intervista, e ci saranno, se siete più veloci a leggere, arriveranno in un tempo immediato, se no dovrete aspettare che, almeno, termini la frase. Terminata. Buona lettura.
Intervista a Fabio Orrico, con spoiler
- Chi è Fabio Orrico?
Un tizio qualunque.
- Dove e quando è nata la passione per la scrittura?
Credo sia un sentimento vicario all’ancor più grande amore per la lettura. Al romanzo sono arrivato per gradi, passando attraverso la poesia e il racconto. È un po’ come se la ricerca di un ritmo della frase, di una forma, piano piano abbia sentito l’esigenza di accompagnarsi a una storia.
- “Giorni feriali” da cosa è nato?
Una prima e diversissima versione di “Giorni feriali” è stata scritta nell’estate del 2003. Lo spunto è nato dall’ambiente lavorativo. In quel periodo facevo il magazziniere in un’azienda sull’orlo del fallimento nella quale mi sono successe cose abbastanza bizzarre. In quell’antica versione in effetti prevaleva un registro grottesco che con gli anni si è decisamente ammorbidito. Quella storia evidentemente non mi ha mai abbandonato per oltre un decennio.
- Ora entriamo un attimo in un territorio che, per i più, sarà sconosciuto: cos’è il BDSM? E in cosa consiste?
B(ondage) D(isciplina) S(adismo) M(asochismo). Per essere sintetici è quell’insieme di pratiche sessuali che attengono alle sfere del dolore e della sottomissione, ovviamente consensuali e condivise. Un’idea di sesso fortemente ludica e quasi teatrale.
- Tu hai mai praticato? Se si, raccontaci le tue esperienze.
Diciamo che ho sempre avuto un debole per le donne autoritarie.
- Ho visto molto di te, in Emiliano, in “Giorni feriali” avendoti conosciuto ed essendoci scambiati quattro chiacchiere mi è sembrato questo: è vero (se non sapete chi è, tornate alla pagina prima e prendete il libro)?
Più che altro nei confronti di Emiliano ho esercitato, come narratore, un’empatia assoluta. Credo sia questo aspetto a far pensare che in lui ci sia molto di me anche se, naturalmente, qualcosa c’è. Il punto è che quando si scrive un libro si è un po’ tutti i personaggi.
- Oltre ai libri, ti piacciono anche molto i film, data la tua raccolta sul cinema “20 pezzi facili (più uno)”, per Fara Editore. Con quale mondo ti trovi più in tua sintonia, tra la scrittura e il cinema?
Il cinema lo pratico unicamente come spettatore (peraltro uno spettatore follemente innamorato e irrimediabilmente ossessivo) e, quando trovo chi me lo consente, come critico. Girare un film è praticamente il sogno della mia vita ma so anche che non ho le caratteristiche giuste per farlo, essendo di natura ansioso e con uno scarsissimo controllo dei miei nervi. Il regista credo debba essere non solo un artista ma in misure diverse anche un manager, un seduttore e un criminale.
- Cosa ti ha portato ad amare i film?
Non sono sicuro di avere la risposta. Credo sia iniziato tutto con me bambino che scoppia in lacrime, terrorizzato, davanti a Lucifero, il gatto di casa del film di Walt Disney “Cenerentola”, proiettato sul grande schermo di un cinema riminese. Da allora amo il cinema e in effetti, anche se con minor intensità, i gatti.
- Torniamo sul BDSM: pensi sia solo una questione fisica, o più psicologica?
Soprattutto psicologica.
- E perché proprio psicologica?
Perché il sesso in generale è una questione psicologica.
- Hai scritto “Giostra di sangue” a quattro mani insieme a Germano Tarricone: parlaci di questo thriller e dell’esperienza di scrivere con un altro scrittore.
“Giostra di sangue” è un omaggio molto consapevole al thriller italiano degli anni ‘70. Quel tipo di cinema iperviolento e morboso che ha avuto Dario Argento come faro ma che ha prodotto anche altri registi molto ispirati e, più in generale, un’idea di cinema che ancora oggi considero entusiasmante e all’avanguardia.
- Cos’è per te la poesia? Hai scritto delle raccolte di poesie: potresti citarne qualcuna?
L’ultima, “Della violenza”, è uscita nel 2017 per Fara editore. La prima invece risale a dodici anni prima, si intitola “Strategia di contenimento” ed era stata pubblicata da Giulio Perrone Editore. Per me la poesia è un territorio di libertà assoluta e di radicalità linguistica e lo dico sia come lettore che come poeta.
- Ultima, ma non meno importante: perché questa forma di libertà sessuale è vista così male? Perché quelle persone che vogliono solo uscire ed essere ciò che sono, si ritrovano un muro davanti, fatto da questa società bigotta, ottusa, tradizionalista, ignorante, quando dovrebbe essere più aperta, accettare le diversità e ospitarle come compagne di viaggio? Perché non appoggia questa perfezione illusoria e si concentra su ciò che è realmente, sui propri gusti, le proprie passioni, le proprie idee, le proprie emozioni? Questa è una stupidaggine, lo so, ma è per far capire quanto siamo condizionati da ciò che pensano gli altri: l’altro giorno una persona a me importante mi ha dedicato una canzone. In casa non ero da sola, ma per un attimo soltanto ho chiuso gli occhi, appoggiato la testa al divano e sorriso, godendomi le parole e il fatto di essere fortunata. Poi mi son ricordata di non essere sola, così ho smesso di sorridere e ho rialzato subito la testa, come se non fossi emozionata affatto dal tamburellare del mio piede, come se fossi stata scoperta. Mi sono ricomposta. Il problema di base è che questa società non lascia spazio per gli esseri liberi, le emozioni libere, la libertà come stile di vita. Perché?
Accidenti, questa domanda non dovresti farla a me ma a un santo oppure a un filosofo. Mettiamola così: dimentichiamoci della società bigotta e godiamoci la vita!